Anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata in neuropsicologia
una panoramica comparativa
Dott. Cristiano Di Salvo
A.A. 2021/22
Università degli Studi di Palermo

Relatore: Prof.ssa Giuseppa Renata Mangano

Sommario

  • Dati epidemiologici
  • Classificazione
  • Correlati neuroanatomici dei DCA
  • Neuropsicologia dei DCA
  • Neuromodulazione dei DCA
  • Conclusioni

Dati epidemiologici

Incertezze

Un primo scoglio rispetto alla ricerca sui DCA è costituito dai dati epidemiologici stessi. L'Istituto Superiore di Sanità rimarca infatti che "non esiste una stima condivisa della prevalenza di anoressia e bulimia, per la difficoltà di uniformare gli studi volti a definirla.".

L'ISS stima comunque "una prevalenza dello 0.2-0.8 per cento per l’anoressia e dell’1-5 per cento per la bulimia" (ibid.) sul territorio nazionale. Rispetto al disturbo da binge-eating l'ISS non fornisce dati facilmente accessibili.

Appare inoltre notevole che la pagina dedicata ai disturbi alimentari sia ricompresa nella tematica "Dipendenze".

Riferimenti:
https://www.epicentro.iss.it/anoressia/epidemiologia
https://www.iss.it/disturbi-alimentari

Prevalenza lifetime dei DCA (adulti, U.S.A)

Male(%) Female (%) Overall (%)
Anorexia Nervosa 0.3 0.9 0.6
Bulimia Nervosa 0.1 0.5 0.3
Binge-Eating Disorder 0.8 1.6 1.2

Basandosi sui dati del NIMH, che ci danno uno spaccato risalente ormai a vent'anni fa, possiamo ricavare i dati di prevalenza lifetime e di comorbidità lifetime dei tre DCA più diffusi (AN, BN, BED). Appare congruente con le stime ISS il dato sulla prevalenza dell'anoressia nervosa. Meno congruente è invece quello rispetto la bulimia nervosa, che si attesta di 0.7 punti percentuale al disotto del valore minimo stimato dall'ISS.

Riferimenti:
Data from National Comorbidity Survey Replication (NCS-R, 2001-2003)

Comorbidità lifetime tra DCA e disturbi psichiatrici (adulti, U.S.A)

Anorexia Nervosa (%) Bulimia Nervosa (%) Binge-Eating Disorder (%)
Any Anxiety Disorder 47.9 80.6 65.1
Any Mood Disorder 42.1 70.7 46.4
Any Impulse Control Disorder 30.8 63.8 43.3
Any Substance Use Disorder 27.0 36.8 23.3
Any Disorder 56.2 94.5 78.9

Rispetto la comorbidità appaiono assai notevoli le percentuali riportate dal NIMH, secondo i cui dati la probabilità che un soggetto con DCA abbia un qualsiasi altro disturbo psichiatrico nell'arco della vita si attesta su valori ben al disopra del 50%.

Riferimenti:
Data from National Comorbidity Survey Replication (NCS-R, 2001-2003)

Distribuzione dei DCA

Rispetto alla distribuzione dei DCA, l'ISS fa riferimento ad un seminario pubblicato su Lancet nel 2003, che omette il BED in quanto categoria al tempo ancora non inclusa nel DSM (e racchiusa tra i disturbi atipici dell'alimentazione). Anche qui i dati di prevalenza risultano incongruenti tra loro, confrontando campioni di età differente e non la popolazione nel suo complesso.

Anorexia nervosa Bulimia nervosa
Worldwide distribution Predominantly Western societies Predominantly Western societies
Ethnic origin Mainly white people Mainly white people
Sex Most female (about 90%) Most female (uncertain proportion)
Age Adolescents (some young adults) Young adults (some adolescents)
Social class Possible excess in higher social classes Even distribution
Prevalence 0-7% (in teenage girls) 1–2% (in 16/35-year old females)
Incidence (per 100.000 per year) 19 in females, 2 in males 29 in females, 1 in males
Secular change Possible increase Likely increase

Riferimenti:
Fairburn, C. G., & Harrison, P. J. (2003). Eating disorders. The Lancet, 361(9355), 407–416. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(03)12378-1

Percentuale della popolazione con DCA (AN, BN)

Our World in Data, un aggregatore di dati di GCDL, pur non riportando dati aggiornatissimi (l'ultimo data-point disponibile è riferito all'anno 2019), fornisce un dataset completo rispetto alla prevalenza overall per AN e BN.

Nella figura qui sopra è riportato un subset dei dati forniti, che visualizza l'andamento in alcuni paesi di interesse per questo lavoro, nel periodo compreso tra l'anno 1990 ed il 2019.

Nella figura qui sopra è invece riportata la medesima distribuzione riferita al solo anno 2019, per tutti i paesi del mondo.

La figura superiore riporta la media mondiale di anoressia e bulimia confrontata con la media dei paesi raggruppati per classe di reddito dalla World Bank.

Riferimenti:
https://ourworldindata.org/mental-health#eating-disorders

Classificazione

Classificazione e framework

La classificazione dei DCA risente ad oggi di una forte variabilità, data per lo più dai diversi framework da cui essi vengono esplorati.

I due framework medico-psichiatrici prevalenti sono l'ICD ed il DSM, che partono da premesse simili ma non identiche tra loro. A questi, nel tempo, si sono affiancati framework basati su meccanismi neurobiologici e comportamentali, come l'RDoC e modelli concettuali specifici come la self-discrepancy theory o ancora il dual-pathway model, che spiegano l'insorgenza del DCA alla luce della teoria del self, integrando le osservazioni diagnostiche con osservazioni sull'influenza sul soggetto con DCA delle componenti familiari e sociali.

Framework basati su sintomi

Rispetto ai framework medico-psichiatrici, può essere utile evidenziare le principali differnze tra ICD e DSM, come indicate da Tyrer nella sua recente comparazione tra i due sistemi di classificazione.

ICD DSM
Official world classification US classification (but used in many other countries)
Intended for use by all health practitioners Used primarily by psychiatrists
Special attention given to primary care and low- and middle-income countries Focused mainly on secondary psychiatric care in high-income countries
Major focus on clinical utility with reduction of number of diagnoses Tends to increase the number of diagnoses with each succeeding revision
Provides diagnostic descriptions and guidance but does not employ operational criteria Diagnostic system depends on operational criteria using a polythetic system for most conditions

Rispetto a questo lavoro tutte le differenze notate da Tyrer appaiono particolarmente rilevanti, anche alla luce dei dati epidemiologici precedentemente indicati.

Riferimenti:
Tyrer, P. (2014). A comparison of DSM and ICD classifications of mental disorder. Advances in Psychiatric Treatment, 20(4), 280–285. https://doi.org/10.1192/apt.bp.113.011296

ICD-11

L'ICD (recentemente arrivato alla sua 11ma versione), stilato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS-WHO) è uno standard di classificazione per gli studi statistici ed epidemiologici.

Focalizzato sugli aspetti clinici e sviluppato per un uso flessibile e condiviso da figure professionali di molteplice specializzazione, il suo obiettivo (non ancora raggiunto e probabilmente irraggiungibile relativamente ai disturbi psichiatrici) è fornire diagnosi cliniche univoche.

I criteri diagnostici sono meno rigidi di quelli del DSM e consentono ai professionisti di includere il giudizio clinico nella classificazione dei disturbi.

Riferimenti:
https://icd.who.int/browse11/l-m/en

DSM-5

Il DSM-5, stilato dall'American Psychiatric Organization (APA) è un sistema nosografico dei disturbi mentali.

Focalizzato sul concetto di attendibilità statistica, intesa come concordanza tra due osservatori indipendenti e come concordanza nel tempo, dall'edizione III in poi è il risultato di uno sforzo massiccio di creare definizioni dei disturbi il più possibile chiare ed operazionalizzate.

I criteri diagnostici sono più rigidi di quelli dell'ICD e fortemente centrati sulla presenza/assenza di specifici sintomi, nonché sulla loro numerosità e durata nel tempo.

Cionondimeno si tratta di un sistema tacciato di anomalie quali arbitrarietà dei cutoff, eterogeneità eziologica, alta comorbidità tra disturbi classificati, bassa specificità genetica e così via (da tali critiche non è esente l'ICD).

Riferimenti:
American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). https://doi.org/10.1176/appi.books.9780890425596
Lilienfeld, S. O., & Treadway, M. T. (2016). Clashing Diagnostic Approaches: DSM-ICD Versus RDoC. Annual Review of Clinical Psychology, 12(1), 435–463. https://doi.org/10.1146/annurev-clinpsy-021815-093122

Framework basati su meccanismi neurobiologici e comportamentali

Negli ultimi anni, a seguito degli sforzi di integrazione interdisciplinare tra psichiatria, genetica, neurologia, psicologia, biologia e informatica, lo sforzo della comunità scientifica si sta concentrando nella direzione dello sviluppo di framework complessi e multidimensionali.

Tali framework si pongono l'obiettivo di andare oltre le classificazioni nosografiche, integrando tutti i correlati delle entità indagate.

RDoC

L'RDoC (Research Domain Criteria), è un framework sviluppato dal NIMH con l'obiettivo di abbandonare la classificazione sintomatologica a favore della costruzione di entità psicopatologiche basate sui processi neurobiologici e sui meccanismi comportamentali ad esse sottostanti.

Il framework comprende sei domini di funzionamento rilevanti per i disturbi mentali, basati sulla ricerca in neuroscienze e psichiatria, e strettamente collegati al concetto di endofenotipo (illustrato in seguito).

Tale framework concepisce quindi la malattia mentale come disturbo dei circuiti cerebrali, ponendo distinzione con i disturbi neurologici nei quali è identificabile una lesione. In tal modo si includono nella diagnosi tecniche elettrofisiologiche, di neuroimaging funzionale e di quantificazione in vivo del funzionamento del cervello.

Si tratta comunque di un approccio in corso d'opera e non è esente anch'esso da critiche, le più importanti delle quali riguardano la dubbia falsificabilità, la potenziale eccessiva enfasi sulla disfunzione biologica, l'enfasi sulla predisposizione biologica.

Riferimenti:
Morris, S. E., & Cuthbert, B. N. (2012). Research Domain Criteria: Cognitive systems, neural circuits, and dimensions of behavior. Dialogues in Clinical Neuroscience, 14(1), 29–37. https://doi.org/10.31887/DCNS.2012.14.1/smorris
Lilienfeld, S. O., & Treadway, M. T. (2016). Clashing Diagnostic Approaches: DSM-ICD Versus RDoC. Annual Review of Clinical Psychology, 12(1), 435–463. https://doi.org/10.1146/annurev-clinpsy-021815-093122

Overview of the 5 RDoC domains

RDoC Domain Construct
Negative valence systems Active threat/Fear
Potential threat/Anxiety
Sustained threat
Loss
Frustrative nonreward
Positive valence systems Approach motivation
Responsiveness to reward
Reward learning
Habit
RDoC Domain Construct
Cognitive systems Attention
Perception
Working/Declarative memory
Language
Cognitive/Effortful control
Social processes Imitation/Theory of mind
Social dominance
Facial expression identification
Attachment/Separation
Self-Representation
RDoC Domain Construct
Arousal/Regulatory systems Arousal
Circadian rhythms
Sleep and wakefulness

Riferimenti:
Dunlop, K. A., Woodside, B., & Downar, J. (2016). Targeting Neural Endophenotypes of Eating Disorders with Non-invasive Brain Stimulation. Frontiers in Neuroscience, 10. https://doi.org/10.3389/fnins.2016.00030

Endofenotipi

Gli endofenotipi sono tratti psicologici associati a una specifica predisposizione genetica, ma non sono direttamente visibili o misurabili. Sono definiti come le anomalie sottostanti, subcliniche, comportamentali o cognitive associate a uno specifico disturbo psichiatrico, ma che non soddisfano necessariamente i criteri per un disturbo diagnosticabile.

Si tratta di una sotto-categoria dei biomarker, che in psichiatria clinica presenta una definizione restrittiva. Nello specifico un endofenotipo deve:

  • segregare con la malattia nella popolazione generale;
  • essere ereditabile;
  • essere indipendente dallo stato, manifestandosi sia che la malattia sia presente sia che sia in remissione;
  • co-segregare con il disturbo all'interno delle famiglie;
  • essere presente in una percentuale maggiore nelle famiglie affette rispetto alla popolazione generale;
  • essere una caratteristica che può essere misurata in modo affidabile ed essere specifico per la malattia di interesse.

Da una prospettiva neuropsicologica, gli endofenotipi possono essere pensati come espressioni subcliniche di disfunzione in specifici circuiti o sistemi neurali. Queste espressioni subcliniche possono essere rilevabili attraverso test neuropsicologici o tecniche di imaging cerebrale.

Gli endofenotipi possono essere il risultato di una predisposizione genetica, nonché di fattori ambientali e di esperienza di vita, e possono essere associati a un aumentato rischio di sviluppare un disturbo psichiatrico conclamato.

PubMed elenca 16 paper (di cui 10 Review o Systematic Review) il cui titolo esplicita una ricerca sugli endofenotipi nei DCA. La query utilizzata è "((anorexia nervosa[Title]) OR (bulimia nervosa[Title]) OR (binge eating disorder[Title]) OR (eating disorders[Title])) AND (endophenotypes[Title])".

Riferimenti:
Bulik, C. M., Hebebrand, J., Keski-Rahkonen, A., Klump, K. L., Reichborn-Kjennerud, T., Mazzeo, S. E., & Wade, T. D. (2007). Genetic epidemiology, endophenotypes, and eating disorder classification. International Journal of Eating Disorders, 40(S3), S52–S60. https://doi.org/10.1002/eat.20398
Gottesman, I. I., & Gould, T. D. (2003). The Endophenotype Concept in Psychiatry: Etymology and Strategic Intentions. American Journal of Psychiatry, 160(4), 636–645. https://doi.org/10.1176/appi.ajp.160.4.636
Dunlop, K. A., Woodside, B., & Downar, J. (2016). Targeting Neural Endophenotypes of Eating Disorders with Non-invasive Brain Stimulation. Frontiers in Neuroscience, 10. https://doi.org/10.3389/fnins.2016.00030

Framework concettuali dei DCA

In questa sezione includiamo alcuni modelli di comprensione dei DCA che pur non proponendosi come alternative rispetto la diagnosi sono correntemente utilizzati nella spiegazione di parte della sintomatologia correlata o dei meccanismi di feedback coinvolti nello sviluppo e nel mantenimento di tali disturbi.

La self-discrepancy theory

Sviluppata da Edward Tory Higgins nel 1987, la "self-discrepancy theory" afferma che gli individui comparano il proprio "actual self" a standard interiorizzati chiamati "ideal self" e "ought self". Inconsistenze tra "actual self", "ideal self" (ciò che l'individuo desidera essere) e "ought self" (ciò che l'individuo sente di dover essere) sono associate a disagi emotivi come "paura", "minaccia" e "inquietudine". La "self-discrepancy" è quindi il divario tra due di queste rappresentazioni di sé che porta a emozioni negative. La teoria vuole quindi fornire una piattaforma per comprendere come i diversi tipi di discrepanze tra le rappresentazioni del sé siano correlati a diversi tipi di vulnerabilità emotive.

La teoria dell'auto-discrepanza è stata recentemente applicata ad alcuni modelli del DCA e a tipologie di trattamento (ad esempio, terapia cognitivo-affettiva integrativa, o ICAT, per la bulimia nervosa), per offrire un quadro per concettualizzare come le esperienze di vita e le predisposizioni temperamentali possono portare a difficoltà psicologiche.

Concetto chiave: impulso alla magrezza

Con l'espressione "drive for thinness" (impulso alla magrezza), si indica una sottoscala dell'Eating Disorder Inventory. L'EDI, arrivato alla sua terza edizione nel 2004 e sviluppato da David Garner, è una delle più diffuse misure di self-report dei DCA e consiste di 91 item organizzati in 12 scale primarie e 6 scale composte.

La scala DT misura componenti percettive, comportamentali ed attitudinali e si pensa esprima il sentire una discrepanza tra peso ideale e peso reale che eccede la preferenza dell'ideale di magrezza culturalmente codificato.

Concettualmente l'impulso alla magrezza è quindi una misura dell'interazione tra ideale sociale, ideale individuale, percezione del proprio corpo e peso corporeo.

L'invarianza di tale scala è recentemente posta sotto scrutinio da Rancourt et al., su un campione di 537 studenti universitari e 535 soggetti esteni all'accademia. Gli autori sottolineano come seppure sia presente un bias per item quali tipologia del campione, età e BMI, tale bias appare associato con un impatto clinico minimo. Gli autori quindi concludono che la scala DT può essere utilizzata su popolazioni eterogenee di soggetti.

Krug et al. hanno recentemente posto a confronto la scala DT con la categorizzazione di severità dei DCA posta dal DSM-5, riscontrando che gli effect size riscontrati con DT erano più forti di quelli riscontrati mediante DSM. Tale differenza permetterebbe di evitare la clusterizzazione in categoria "da medio a moderato" che gli autori hanno riscontrato utilizzando i criteri del DSM. Gli autori propongono quindi la possibilità di creare un indice trans-diagnostico vero e proprio di severità, basato su DT, che potrebbe risultare più clinicamente significativo rispetto agli attuali indici proposti dal DSM-5.

Kelley et al. hanno esplorato DT in relazione al concetto di "drive for muscularity" (impulso alla muscolarizzazione), nell'ottica di comprendere se tali costrutti fossero posti su un continuum o se al contrario si tratti di costrutti separati, concludendo che è più probabile che quest'ultima opzione sia corretta, essendo DT e DM non mutualmente esclusivi. Hanno inoltre rilevato che tali impulsi possono essere presenti singolarmente o compresenti, che sono dipendenti dal genere del soggetto e che il grado di presenza di tali impulsi ha effetti differenziali sulle attitudini del soggetto verso il proprio corpo.

Riferimenti:
Garner, D. M. (2004). Eating disorder inventory-3 (EDI-3). Professional manual. Odessa, FL: Psychological Assessment Resources, 1.
Rancourt, D., Choquette, E. M., Ahlich, E., Lang, B. M., Verzijl, C. L., Palermo, M., & Belzak, W. C. M. (2022). Invariance of the Eating Disorder Inventory-Drive for Thinness subscale across university and community samples. Psychological Assessment, 34(4), 341–352. https://doi.org/10.1037/pas0001095
Krug, I., Binh Dang, A., Granero, R., Agüera, Z., Sánchez, I., Riesco, N., Jimenez‐Murcia, S., Menchón, J. M., & Fernandez‐Aranda, F. (2021). Drive for thinness provides an alternative, more meaningful, severity indicator than the DSM‐5 severity indices for eating disorders. European Eating Disorders Review, 29(3), 482–498. https://doi.org/10.1002/erv.2776
Kelley, C. C. (Galliger), Neufeld, J. M., & Musher-Eizenman, D. R. (2010). Drive for thinness and drive for muscularity: Opposite ends of the continuum or separate constructs? Body Image, 7(1), 74–77. https://doi.org/10.1016/j.bodyim.2009.09.008

Il dual-pathway model

Il modello della doppia via (dual-pathway model) della bulimia nervosa, è stato sviluppato da Eric Stice e Heather Shaw a seguito di un indagine sugli effetti avversi dell'ideale di magrezza ritratto dai media e sulla loro possibile connessione con la sintomatologia bulimica.

I risultati del primo studio, pubblicato nel 1994, evidenziavano che nel campione esaminato l'ideale di magrezza ingenerava sintomi quali depressione, stress, senso di colpa, vergogna, insicurezza ed insoddisfazione corporea.

Un'ulteriore analisi dei dati mediante regressione multipla indicava inoltre che affetto negativo, insoddisfazione corporea e concordanza con l'ideale di magrezza in analisi avevano potere predittivo rispetto alla sintomatologia bulimica.

Il modello viene illustrato dagli autori col seguente diagramma.

Citando Stice, il dual-pathway model: rappresenta una sintesi dei modelli socioculturale, dietetico e di regolazione degli affetti del disturbo alimentare. Il modello [...] ipotizza che l'interiorizzazione dell'ideale di magrezza proposto alle donne contribuisca all'insoddisfazione corporea perché questo ideale è virtualmente irraggiungibile. Inoltre, ipotizza che l'elevata pressione esercitata dalla famiglia, dai coetanei e dai media sull'essere magre favorisca l'insoddisfazione corporea, perché i ripetuti messaggi che indicano che non si è abbastanza magre probabilmente promuovono l'insoddisfazione per il proprio corpo. In teoria, questa maggiore insoddisfazione corporea, a sua volta, favorisce la dieta e gli affetti negativi, che di conseguenza aumentano il rischio di patologia bulimica. Si ritiene che l'insoddisfazione corporea porti a mettersi a dieta a causa della convinzione comune che questa sia una tecnica efficace di controllo del peso. L'insoddisfazione corporea può anche contribuire all'affetto negativo perché l'aspetto è una dimensione valutativa centrale per le donne nella nostra cultura. Si ritiene che le diete, a loro volta, favoriscano gli affetti negativi a causa dei fallimenti spesso associati agli sforzi di controllo del peso e all'impatto della privazione calorica sull'umore. Si teorizza anche che le diete comportino un maggior rischio di patologia bulimica, perché gli individui possono abbuffarsi per contrastare gli effetti della privazione calorica. Inoltre, le diete potrebbero favorire le abbuffate perché la violazione di rigide regole alimentari può provocare un'alimentazione disinibita (effetto astinenza-violazione). [continua]

Gli affetti negativi potrebbero favorire i sintomi bulimici perché si ritiene comunemente che il mangiare fornisca conforto e distrazione dalle emozioni negative. Pertanto, questo modello ipotizza che gli individui possano iniziare un comportamento bulimico a causa di una dieta estrema o di affetti negativi cronici o di una combinazione di questi fattori. In altre parole, una di queste due vie può essere sufficiente a promuovere l'insorgenza della patologia bulimica (entrambe non sono necessarie).

Col passare del tempo la ricerca di Stice su questo modello è continuata, affinandolo e giungendo all'elaborazione di una sequenza temporale dell'emersione dei fattori di rischio, in termine di livelli di fattori predittivi del disturbo alimentare, illustrata schematicamente qui di seguito: percepita pressione alla magrezza e perseguimento dell'ideale di bellezza => insoddisfazione corporea => affetto negativo e dieta => BN, BED o disturbo da eliminazione (sovrasoglia o sottosoglia)

Nell'ultimo decennio si è inoltre cercato di estendere il modello in questione, includendo il disturbo da binge-eating (codificato in un periodo successivo alla ricerca iniziale di Stice e Shaw) e all'anoressia nervosa, mediante ricerche su campioni sempre più ampi e con risultati promettenti.

Riferimenti:
Stice, E., & Shaw, H. E. (1994). Adverse Effects of the Media Portrayed Thin-Ideal on Women and Linkages to Bulimic Symptomatology. Journal of Social and Clinical Psychology, 13(3), 288–308. https://doi.org/10.1521/jscp.1994.13.3.288
Stice, E. (2001). A prospective test of the dual-pathway model of bulimic pathology: Mediating effects of dieting and negative affect. Journal of Abnormal Psychology, 110(1), 124–135. https://doi.org/10.1037/0021-843X.110.1.124
Urvelyte, E., & Perminas, A. (2015). The Dual Pathway Model of Bulimia: Replication and Extension with Anorexia. Procedia - Social and Behavioral Sciences, 205, 178–183. https://doi.org/10.1016/j.sbspro.2015.09.054
Welsh, D. M., & King, R. M. (2016). Applicability of the dual pathway model in normal and overweight binge eaters. Body Image, 18, 162–167. https://doi.org/10.1016/j.bodyim.2016.06.007
Stice, E., & Van Ryzin, M. J. (2019). A prospective test of the temporal sequencing of risk factor emergence in the dual pathway model of eating disorders. Journal of Abnormal Psychology, 128(2), 119–128. https://doi.org/10.1037/abn0000400

Concetto chiave: insoddisfazione corporea

Strettamente legato al modello della doppia via di Stice, il concetto di insoddisfazione corporea si riferisce a valutazioni soggettive negative del proprio corpo fisico, come figura, peso, pancia e fianchi e, secondo lo stesso Stice, dovrebbe essere distinta dalle distorsioni dell'immagine corporea in cui l'individuo percepisce il proprio corpo come significativamente più grande di quanto non sia in realtà [... e] dall'eccessiva enfasi posta sul peso e sulla forma nella determinazione dell'autostima.

Stice riferisce che l'insoddisfazione corporea ha origini prevalentemente nelle pressioni socioculturali alla magrezza e dalla deviazione fisica dall'ideale di magrezza prevalente per la cultura di riferimento del soggetto, e presenta un modello concettuale dei precursori e delle conseguenze dell'insoddisfazione, illustrato nella figura a seguito.

Nella stessa review l'autore conclude che l'insoddisfazione corporea rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di BN.

In una recente review di Lantz et al., gli autori confrontano i risultati di studi recenti riguardanti il concetto di insoddisfazione corporea posto nel framework della self-discrepancy theory, valutando al contempo l'estensione dell'utilizzo dello stesso in DCA non BN.

La prima conclusione cui giungono gli autori è che, sebbene sia presente una distorsione della percezione del proprio peso (tendente alla sovrastima) anche in donne sane, in soggetti AN tale distorsione è probabilmente riflessa in un deficit neurologico della consapevolezza corporea, mentre soggetti BED presenterebbero ideali di magrezza comparabili a soggetti obesi senza DCA ma percepirebbero il proprio corpo come molto più grande rispetto alla realtà e rispetto all'autopercezione corporea di soggetti obesi senza DCA.

In secundis gli autori sottolineano la possibilità di non univocità dell'ideale di magrezza, da cui conseguirebbe che donne e soggetti con DCA avrebbero alcuni tra gli ideali di magrezza più piccoli. Ciò di conseguenza porrebbe i soggetti con BN e sovrappeso o normopeso a riportare livelli di insoddisfazione corporea particolarmente elevati.

Riferimenti:
Lantz, E. L., Gaspar, M. E., DiTore, R., Piers, A. D., & Schaumberg, K. (2018). Conceptualizing body dissatisfaction in eating disorders within a self-discrepancy framework: A review of evidence. Eating and Weight Disorders - Studies on Anorexia, Bulimia and Obesity, 23(3), 275–291. https://doi.org/10.1007/s40519-018-0483-4
Stice, E., & Shaw, H. E. (2002). Role of body dissatisfaction in the onset and maintenance of eating pathology. Journal of Psychosomatic Research, 53(5), 985–993. https://doi.org/10.1016/S0022-3999(02)00488-9

Coerenza centrale (debole)

Sviluppata da Uta Frith nell'ambito dello studio dell'autismo, la teoria della coerenza centrale (debole) postula che tale disturbo sia caratterizzato da uno specifico stile percettivo-cognitivo fortemente centrato sul dettaglio, a scapito del "quadro generale delle cose". In campo percettivo la coerenza centrale permette all'individuo l'integrazione di differenti stimoli in un percetto unitario, mentre in campo cognitivo permetterebbe il processamento contesto-dipendente dell'informazione.

Si tratterebbe di un continuum, non di una funzione binaria, per cui l'individuo mostrerebbe una più o meno marcata tendenza a processare le informazioni "globalmente"/"localmente"; i soggetti con disturbo dello spettro autistico, secondo tale teoria, tenderebbero verso il polo di processamento "locale" (mostrando maggiori capacità di analisi del dettaglio rispetto al tutto), mentre soggetti neurotipici tenderebbero verso un processamento più "globale" (mostrando maggiori capacità di analisi del tutto rispetto al dettaglio).

La coerenza centrale è studiata principalmente rispetto tre dimensioni:

  1. coerenza visuo-spaziale-costruttiva (the ability to analyze and synthesize spatial stimuli)
  2. coerenza percettiva (the ability to integrate and give meaning to sensory sensations)
  3. coerenza verbale-semantica (the processes of analysis and synthesis of the semantics of a verbal message)

Recentemente tale teoria è stata oggetto di studi nel campo dei DCA, a partire dallo studio dei tratti cognitivi transdiagnostici che potrebbero essere considerati fattori di rischio per il mantenimento del disturbo.

Inizialmente osservato in soggetti con AN, tale tratto sembra essere presente anche in soggetti con BN. Una recente review di Lopez et al. riferisce in tali soggetti non solo un processamento globale inefficiente, ma anche un processamento locale superiore a soggetti di controllo.

Per un excursus sulla storia, lo sviluppo ed i metodi di ricerca utilizzati relativamente alla teoria della coerenza centrale, si rimanda alla recente disamina di Bojda et al.

Riferimenti:
Bojda, A., Srebnicki, T., Konowałek, Ł., & Bryńska, A. (2021). Weak central coherence – construct conception, development, research methods. Psychiatria Polska, 55(6), 1373–1386. https://doi.org/10.12740/PP/OnlineFirst/120931
Lopez, C., Tchanturia, K., Stahl, D., & Treasure, J. (2008). Central coherence in eating disorders: A systematic review. Psychological Medicine, 38(10), 1393–1404. https://doi.org/10.1017/S0033291708003486
Lang, K., Lopez, C., Stahl, D., Tchanturia, K., & Treasure, J. (2014). Central coherence in eating disorders: An updated systematic review and meta-analysis. The World Journal of Biological Psychiatry, 15(8), 586–598. https://doi.org/10.3109/15622975.2014.909606
Frith, U. (1989). Autism: Explaining the enigma. Oxford: Basil Blackwell. ISBN 0631158332, 9780631158332
Frith, U. (2008). Autism: A very short introduction. Oxford University Press. ISBN 0199207569, 9780199207565

Correlati neuroanatomici dei DCA

La ricerca sui correlati neuroanatomici

La ricerca sui correlati neuroanatomici dei DCA è ad oggi ampia ma disomogenea, probabilmente a causa dei diversi vertici di classificazione assunti dai molteplici gruppi di ricerca, delle misure e delle metodiche utilizzate, nonché di conseguenza alle variazioni nella classificazione dei disturbi in oggetto, non ultima l'introduzione della diagnosi di BED. Il disturbo più studiato sembra essere l'anoressia, seguito dalla bulimia, che presenta comunque un ingente numero di studi se confrontata col disturbo da binge eating, come notato in più review.

PubMed elenca 116 paper (di cui 32 Review o Systematic Review) il cui titolo esplicita una ricerca sul neuroimaging nei DCA. La query utilizzata è "((anorexia nervosa[Title]) OR (bulimia nervosa[Title]) OR (binge eating disorder[Title]) OR (eating disorders[Title])) AND ((neuroimaging[Title]) OR (fMRI[Title]) OR (networks[Title]) OR (brain correlates[Title]))". Una buona parte di tali articoli limita la portata della ricerca ad un singolo disturbo o al confronto tra due disturbi, o ancora il campione in analisi a particolari fasce di età (e.g. l'adolescenza), rendendo complesso il confronto overall.

Nondimeno sono presenti review recenti che comparano l'intero range di disturbi in oggetto. Alcuni key-findings di Steward et al. sono i seguenti:

  • Sensibilità alterata agli stimoli-cibo salienti nelle regioni striatali per AN e BN
  • Possibilità che gli input ipotalamici siano sovrascritti dalle regioni di controllo emotivo-cognitivo top-down in AN e BN
  • forte associazione tra aumentate attivazioni nei circuiti fronto-striatali e mantenimento di abitudini alimentari restrittive in AN
  • probabili risposte neurali aberranti sia ai segnali alimentari che alla ricezione anticipata di cibo in BN e BED
  • ridotto reclutamento dei circuiti di controllo cognitivo prefrontale in BN e BED
  • connettività in stato di riposo interrotta nei network esecutive, nel default-mode network e nel network di salienza in tutti i DCA
  • la frequenza degli episodi bulimici o del binge-eating è correlata a maggiori cambiamenti neurali in BED e BN

Riportiamo un'immagine tratta dall'articolo di Steward et al., rappresentativa delle aree cerebrali correlate ai DCA da essi rilevate.

Rispetto alla neurobiologia dei comportamenti alimentari, Lee et al. individuano aree di interesse nelle interazioni tra i circuiti del reward ed quelli deputati all'omeostasi.

I sistemi coinvolti in tale interazione sarebbero:

  • reward
  • controllo cognitivo
  • motivazione
  • apprendimento/memoria

Nello specifico le aree illustrate dagli autori sono:

  • area tegmentale ventrale (VTA), nucleus accumbens (NAc) e caudato per quanto riguarda il reward e la salienza
  • corteccia orbitofrontale (OFC) e corteccia cingolata subcallosale (SCC) per quanto riguarda la motivazione
  • amigdala, ippocampo e putamen per quanto riguarda memoria ed apprendimento
  • corteccia prefrontale dorsolaterale (PFC), corteccia prefrontale ventromediale e corteccia cingolata anteriore (ACC) per quanto riguarda il controllo inibitorio

La trasmissione del segnale tra queste aree seguirebbe le seguenti connessioni:

  • VTA->PFC
  • VTA->NAc
  • Ipotalamo->Amigdala
  • Ipotalamo<->NAc

Riportiamo un'immagine tratta dall'articolo di Lee et al., rappresentativa delle aree cerebrali correlate ai DCA e delle connessioni tra di esse.

Appare interessante sottolineare come diversi studi evidenzino che alterazioni, anche strutturali, dei volumi cerebrali e dello spessore corticale, tendano a normalizzarsi al raggiungimento di un BMI più sano e con la regressione dei sintomi comportamentali.

La ricerca di correlati neuroanatomici rimane un fondamentale strumento per la neuropsicologia. Questi, inseriti nel più ampio sistema dei domini RDoC e degli endofenotipi, possono fornire importanti indicazioni sui target cerebrali per tecniche di neuromodulazione (invasiva e non) su cui agire, oltre che essere utilizzati per arricchire i framework di classificazione non symptom-based ad oggi utilizzati, nell'ottica di una maggiore personalizzazione della diagnosi e della cura del paziente. Il raggiungimento di tale obiettivo, ad oggi lontano, probabilmente richiederà risorse computazionali assai ingenti. Cionondimeno l'avanzamento tecnologico degli ultimi decenni fa ben sperare rispetto a possibili evoluzioni in merito.

Riferimenti:
Steward, T., Menchon, J. M., Jiménez-Murcia, S., Soriano-Mas, C., & Fernandez-Aranda, F. (2018). Neural Network Alterations Across Eating Disorders: A Narrative Review of fMRI Studies. Current Neuropharmacology, 16(8), 1150–1163. https://doi.org/10.2174/1570159X15666171017111532
Frank, G. K. W. (2019). Neuroimaging and eating disorders. Current Opinion in Psychiatry, 32(6), 478–483. https://doi.org/10.1097/YCO.0000000000000544
Lee, D. J., Elias, G. J. B., & Lozano, A. M. (2018). Neuromodulation for the treatment of eating disorders and obesity. Therapeutic Advances in Psychopharmacology, 8(2), 73–92. https://doi.org/10.1177/2045125317743435
Dunlop, K. A., Woodside, B., & Downar, J. (2016). Targeting Neural Endophenotypes of Eating Disorders with Non-invasive Brain Stimulation. Frontiers in Neuroscience, 10. https://doi.org/10.3389/fnins.2016.00030
Donnelly, B., Touyz, S., Hay, P., Burton, A., Russell, J., & Caterson, I. (2018). Neuroimaging in bulimia nervosa and binge eating disorder: A systematic review. Journal of Eating Disorders, 6(1), 3. https://doi.org/10.1186/s40337-018-0187-1
Steinglass, J. E., Dalack, M., & Foerde, K. (2019). The promise of neurobiological research in anorexia nervosa. Current Opinion in Psychiatry, 32(6), 491–497. https://doi.org/10.1097/YCO.0000000000000540

Neuropsicologia dei DCA

Aspetti neuropsicologici dei DCA

La neuropsicologia vanta un interesse più che quarantennale nella ricerca sui disturbi delle condotte alimentari.

Le review che coprono questi decenni risultano però abbastanza rare. PubMed elenca 64 articoli che rispondono alla stringa di ricerca "((anorexia nervosa[Title]) OR (bulimia nervosa[Title]) OR (binge eating disorder[Title]) OR (eating disorders[Title])) AND ((neuropsychology[Title]) OR (neuropsychological[Title]))". 13 di essi sono categorizzati come Review o Systematic Review. Di questi la maggior parte non include il BED tra i DCA analizzati, o accenna soltanto alla mancanza di una mole di dati abbastanza consistente e significativa ai fini del lavoro svolto.

Ai fini di questo lavoro sono state selezionate la review di Duchesne et al., del 2004, quella di Jáuregui-Lobera, del 2013, ed una recente review di Solano-Pinto et al., risalente al 2018, incentrata sul tema più specifico dei profili di rischio neuropsicologico dei DCA. Si segnala che quest'ultima review non include il BED, come anche quella di Duchesne et al., ed è pubblicata nella sua interezza nella sola lingua spagnola. Si è quindi proceduto alla traduzione dell'articolo in oggetto prima di analizzarne i risultati.

Review: Duchesne et al., 2004

Il primo lavoro suddivide i profili cognitivi analizzati secondo i seguenti domini:

  • Attenzione (AN e BN)
  • Memoria (AN e BN)
  • Percezione visiva, abilità visuo-spaziali e visuo-costruttive (AN)
  • Funzioni esecutive (AN e BN)
  • Ragionamento matematico (AN)
  • Funzioni verbali (AN e BN)
  • Capacità di apprendimento (AN)

Duchesne et al. giungono alle seguenti conclusioni:

  • I DCA sembrano essere associati a un certo grado di disfunzione neuropsicologica, sebbene le specifiche funzioni compromesse non siano coerenti tra gli studi, forse a causa di variazioni metodologiche.
  • I pazienti AN sembrano mostrare deficit attenzionali, visuo-spaziali e visuo-costruttivi.
  • I pazienti BN sembrano mostrare principalmente deficit della funzione esecutiva.
  • Il fatto che dopo il trattamento alcuni pazienti mostrino miglioramenti nel funzionamento cognitivo può indicare che, in alcuni casi, i deficit sono funzionali.
  • L'assenza di miglioramento del funzionamento cognitivo di alcuni pazienti dopo diverse forme di intervento può suggerire che questi deficit precedono lo sviluppo del DCA e possono quindi contribuire al loro sviluppo o ad una prognosi peggiore.
  • Un sottogruppo di pazienti può anche mostrare una disfunzione cerebrale pre-morbosa e questo può essere uno dei fattori che indicano una prognosi peggiore.

Riferimenti:
Duchesne, M., Mattos, P., Fontenelle, L. F., Veiga, H., Rizo, L., & Appolinario, J. C. (2004). Neuropsicologia dos transtornos alimentares: Revisão sistemática da literatura [Neuropsychology of eating disorders: A systematic review of the literature]. Revista Brasileira de Psiquiatria, 26(2), 107–117. https://doi.org/10.1590/S1516-44462004000200008

Review: Jáuregui-Lobera, 2013

Il lavoro di Jáuregui-Lobera suddivide i profili cognitivi in analisi secondo i seguenti domini:

  • Attenzione (AN e BN)
  • Memoria ed apprendimento (AN e BN)
  • Percezione visiva e abilità visuospaziali (AN)
  • Funzioni esecutive (AN e BN)
  • Altre funzioni (AN)

Rispetto al BED l'autore riporta un breve capitolo a parte, in cui rileva che gli studi disponibili sono pochi e riporta i risultati degli studi singoli analizzati, dato che la scarsa numerosità non gli permette di effettuare confronti.

Nel discutere i risultati l'autore constata che la maggior parte degli studi in analisi si concentra su AN e sottolinea come le limitazioni metodologiche siano la norma più che un'eccezione negli studi analizzati.

Le domande più importanti che emergono da questo lavoro riguardano:

  • L'esistenza di una compromissione neuropsicologica nei DCA
  • La possibilità che i deficit rilevati siano reversibili a seguito di un ipotetico trattamento
  • Il significato dei deficit rilevati rispetto al DCA
  • La loro correlazione o meno con la variazione ponderale e di nutrienti
  • L'aspecificita dei cambiamenti rilevati
  • La rilevanza clinica degli studi analizzati
  • I sistemi classificatori utilizzati
  • Lo shifting di prospettiva rispetto ai deficit individuati come "conseguenza di malnutrizione" a "fattori di predisposizione per i DCA"

Riferimenti:
Jáuregui-Lobera, I. (2013). Neuropsychology of eating disorders: 1995-2012. Neuropsychiatric Disease and Treatment, 415. https://doi.org/10.2147/NDT.S42714

Review: Solano-Pinto et al., 2018

Il lavoro di Solano-Pinto et al. evidenzia come il trend più recente comporta una maggiore focalizzazione su tre domini in particolare:

  • Attenzione
  • Funzioni esecutive
  • Coerenza centrale

La procedura utilizzata in queto studio differisce da quella dei precedenti due, ed è incentrata più che su una analisi del singolo dominio, su una analisi di gruppi di studi potenzialmente rispondenti alle deguenti tre domande:

  • Studi di tipo A. Esiste un profilo di rischio neuropsicologico per lo sviluppo di AN e BN?
  • Studi di tipo B. Esiste un diverso profilo neuropsicologico caratteristico nell'AN e nella BN?
  • Studi di tipo C. Qual è il ruolo delle diverse variabili (BMI, età, ansia, impulsività, alessitimia, umore, immagine corporea) nei deficit neuropsicologici riscontrati nell'AN e nella BN?

Gli autori giungono alle seguenti conclusioni generali:

  • sia per AN che per BN il fattore di rischio più importante sembra essere la rigidità cognitiva
  • per AN si aggiunge la debole coerenza centrale
  • i bias attenzionali sono osservati sia in AN che in BN, soprattutto per gli aspetti sociali, come i volti arrabbiati, il riconoscimento delle emozioni e l'elaborazione dei volti ambigui
  • l'alessitimia di tratto è una variabile modulante nella difficoltà di riconoscimento dei volti ambigui

La seguente tabella riassume le sopraddette conclusioni

Risk Factors (by importance) Anorexia Nervosa Bulimia Nervosa Controls
1 - Cognitive rigidity P P N
2 - Central coherence P N N
? - Attentional bias ? ? N

Legenda => N: normale, P: patologico, ?: non dato

Riferimenti:
Solano Pinto, N., de la Peña Álvarez, C., Solbes Canales, I., & Bernabéu Brotóns, E. (2018). Perfiles neuropsicológicos en anorexia y bulimia nerviosa. Revista de Neurología, 67(09), 355. https://doi.org/10.33588/rn.6709.2018012

Neuromodulazione dei DCA

Storia e metodi di neuromodulazione

Negli ultimi decenni l'interesse verso le tecniche di neuromodulazione, soprattutto non invasiva, per le malattie psichiatriche è aumentato esponenzialmente.

La neuromodulazione ha una storia lunga ed a tratti controversa, ponendo le sue radici storiche nelle tecniche chirurgiche ablative (e.g. leucotomia prefrontale, comunemente chiamata "lobotomia") e nella terapia elettroconvulsivante, tristemente nota come "elettroshock" a seguito di pratiche di somministrazione francamente aberranti.

Tali "terapie", assai diffuse prima dell'avvento della psicofarmacologia, pur partendo da premesse teoriche solide, assolutamente basate sull'evidenza (a partire dall'osservazione scientifica del caso di Phineas Gage e di casi similari), risentirono presto dell'imprecisione con la quale erano tramandate e praticate, nonché di fattori sociali assolutamente riprovevoli (tra i quali le farneticazioni dell'eugenetica, l'applicazione ad ampio spettro di interventi "terapeutici" sulla base dell'appartenenza a gruppi sociali, l'utilizzo di tali tecniche come trattamento elettivo per i pazienti "difficili", l'impropria definizione del criminale come "folle").

Con l'avvento della psicofarmacologia ed a seguito del ribrezzo di parte della classe medica, tali tecniche sono state sempre più riposte, a favore dell'intervento farmacologico.

Il cambiamento di paradigma ha però comportato l'emergere di un altro fenomeno, assai pernicioso, che ne ha col tempo minato l'aura di infallibilità: la farmaco-resistenza.

Tale fenomeno, unitamente all'enorme avanzamento tecnologico ed informatico degli ultimi decenni in campo medico-scientifico, sta esitando nell'emergere di nuove tecniche e tecnologie di ricerca ed intervento nel campo della neuromodulazione, con una particolare attenzione all'utilizzo di tecniche reversibili e che non causino lesioni al paziente ad esse sottoposto.

Anche la terapia elettroconvulsivante, a seguito di ulteriore scrutinio da parte della comunità medico-scientifica ha trovato un suo posto tra gli interventi di neuromodulazione, esclusivamente in caso di patologie molto gravi ed invalidanti e con parametri di somministrazione alquanto rigidi (correnti pulsanti non sinusoidali nell'intorno degli 0.8 A, durate non superiori ai 6 secondi, etc).

Rispetto alle tecniche neurochirurgiche, accantonate le -tomie, si è diffusa negli ultimi decenni la cosiddetta "deep brain stimulation" (DBS). Tale tecnica consta nell'impianto chirurgico di un neurostimolatore collegato a due elettrodi che afferiscono ai circuiti cerebrali da stimolare. Tale stimolatore emette periodicamente impulsi elettrici che, attraversando i circuiti cerebrali, ne modifica l'attività in maniera controllata.

Inizialmente approvata nel 1997 negli USA per il tremore essenziale e la malattia di Parkinson in stadio avanzato, la stimolazione cerebrale profonda ha trovato utilizzo nel tempo per alcune patologie psichiatriche quali il disturbo ossessivo-compulsivo e la depressione maggiore, nei casi in cui il paziente non risponda sufficientemente alla terapia farmacologica. Come notato da Lee et al. nei pazienti AN e gravemente obesi si riscontrano peculiari complicazioni quali un aumentato rischio di infezioni post-operatorie ed ancora l'erosione dell'hardware dell'impianto, come conseguenza della malnutrizione. Tali complicazioni comportano la necessità di ulteriori cure nel post-operatorio.

Abbiamo infine la cosiddetta "non-invasive brain stimulation" (NIBS), che raggruppa una serie di tecniche e tecnologie che modulano l'attività cerebrale mediante l'utilizzo di strumenti esterni al soggetto, e che quindi non necessitano l'intervento chirurgico sul paziente. Tra queste le due categorie più prominenti ad oggi sono la TMS e la TDCS, che sfruttano anch'esse l'elettromagnetismo per modulare l'attività cerebrale sfruttando la permeabilità cranica alle correnti elettriche ed ai campi magnetici, e ad esse si stanno affiancando protocolli volti a modulare l'eccitabilità di reti neurali specifiche mediante l'uso di tecnologie quali la realtà virtuale o le lenti prismatiche.

Una recente survey di Elias et al. ha analizzato il panorama dei trial clinici in merito, rilevando che i maggiori contributor sono ad oggi gli USA (28% dei trial clinici analizzati), seguiti dalla Cina (12%) e dal Canada (8.4%). La maggior parte dei trial riguardava la depressione (45%), la schizofrenia (18%) e i disturbi da abuso di sostanze (14%). Oltre il 75% dei trial analizzati utilizzava modalità non invasive e non convulsive.

Gli autori hanno inoltre riportato i target cerebrali dei trial clinici, riscontrando come quasi il 74% si focalizzasse su aree corticali dei lobi frontali, il 16% interessasse aree profonde del cervello, il 6,5% avesse come oggetto target corticali negli altri lobi, ed il restante 3,6% avesse come target aree cerebellari o il nervo vago.

Brain Target Target Area Total Number of Trials % of Trials
Frontal lobe cortical targets Dorsolateral prefrontal cortex 458 53,19%
Other/unspecified prefrontal cortex 80 9,29%
Supplementary motor areaa 32 3,72%
Medial prefrontal cortex 31 3,60%
Orbitofrontal cortex 16 1,86%
Anterior cingulate cortex 8 0,93%
Other motor cortex 5 0,58%
Frontal pole 3 0,35%
Brain Target Target Area Total Number of Trials % of Trials
Other cortical targets Temporal lobe 29 3,37%
Parietal lobe 22 2,56%
Occipital lobe 5 0,58%
Deep brain targets Nucleus accumbens/ventral striatum 54 6,27%
Anterior limb of internal capsule 28 3,25%
Subcallosal/subgenual cingulate area 23 2,67%
Medial forebrain bundle 9 1,05%
Subthalamic nucleus 7 0,81%
Habenula 5 0,58%
Bed nucleus of stria terminalis 4 0,46%
Insula 3 0,35%
Amygdala 2 0,23%
Brain Target Target Area Total Number of Trials % of Trials
Hypothalamus 1 0,12%
Inferior thalamic peduncle 1 0,12%
Substantia nigra 1 0,12%
Thalamus 1 0,12%
Caudate 1 0,12%
Ventral tegmental area 1 0,12%
Cerebellum 17 1,97%
Vagus nerve 14 1,63%

Riferimenti:
Elias, G. J. B., Boutet, A., Parmar, R., Wong, E. H. Y., Germann, J., Loh, A., Paff, M., Pancholi, A., Gwun, D., Chow, C. T., Gouveia, F. V., Harmsen, I. E., Beyn, M. E., Santarnecchi, E., Fasano, A., Blumberger, D. M., Kennedy, S. H., Lozano, A. M., & Bhat, V. (2021). Neuromodulatory treatments for psychiatric disease: A comprehensive survey of the clinical trial landscape. Brain Stimulation, 14(5), 1393–1403. https://doi.org/10.1016/j.brs.2021.08.021
Lee, D. J., Elias, G. J. B., & Lozano, A. M. (2018). Neuromodulation for the treatment of eating disorders and obesity. Therapeutic Advances in Psychopharmacology, 8(2), 73–92. https://doi.org/10.1177/2045125317743435

Review di interesse tecnico-modellistico

Fettes et al., 2017

Come precedentemente accennato, negli ultimi anni è cresciuto l'interesse verso l'utilizzo di tecniche di neuromodulazione (invasiva o meno) nel trattamento dei DCA.

Il primo lavoro analizzato è una review di Fettes et al. riguardante le possibilità terapeutiche in psichiatria della stimolazione delle aree dei circuti del giro cortico-striatale-talamico della corteccia orbitofrontale.

Dopo avere illustrato lo stato dell'arte rispetto agli studi sulle strutture anatomiche e le anormalità funzionali di tali aree in diversi disturbi psichiatrici (depressione maggiore, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo da abuso di sostanze), gli autori illustrano i meccanismi terapeutici della neurostimolazione di tali aree, citando un unico articolo in riferimento ai DCA. Tale articolo è un trial pilota di fase 1 di Lipsman et al., effettuato su sei pazienti con anoressia nervosa cronica, severa e refettaria al trattamento.

A nove mesi dall'impianto dello stimolatore (nell'area cingolata subcallosale) tre pazienti su sei mostravano un aumento medio del BMI di 5,53 punti, mentre le altre tre non mostravano variazioni.

Gli autori riportano seri effetti avversi quali pancreatite, ipokaliemia, delirio da rialimentazione, ipofosfatemia, peggioramento dell'umore, prolungamento dell'intevallo QT e crisi epilettiche nei mesi di osservazione. Gli effetti avversi non severi riportati sono invece dolore, nausea, attacchi di panico intraoperatori, aumentata impedenza dell'eletrrocatetere, dolore al sito della batteria, embolia gassosa.

Nondimeno gli autori sottolineano che dal ristretto campione si può presumere che il profilo degli effetti avversi sia stimabile come basso. Riferiscono inoltre che quattro pazienti hanno mostrato miglioramenti nel tono dell'umore, negli stati ansiosi, nella regolazione affettiva e nelle ossessioni e compulsioni correlate all'anoressia nervosa, e che questi benefici sono stati accompagnati da cambiamenti nel metabolismo cerebrale del glucosio coerenti con un'inversione delle anomalie precedentemente riscontrate nel cingolato anteriore, nell'insula e nel lobo parietale.

Un ulteriore conclusione generale che Fettes et al. derivano dall'approfondita review condotta è che oltre alle tecniche invasive, anche tecniche non invasive sembrano in grado di modulare l'attivita dei loop della corteccia orbitofrontale-striatale, sebbene permanga un dubbio sulla selettività di tale stimolazione.

Riferimenti:
Fettes, P., Schulze, L., & Downar, J. (2017). Cortico-Striatal-Thalamic Loop Circuits of the Orbitofrontal Cortex: Promising Therapeutic Targets in Psychiatric Illness. Frontiers in Systems Neuroscience, 11, 25. https://doi.org/10.3389/fnsys.2017.00025
Lipsman, N., Woodside, D. B., Giacobbe, P., Hamani, C., Carter, J. C., Norwood, S. J., Sutandar, K., Staab, R., Elias, G., Lyman, C. H., Smith, G. S., & Lozano, A. M. (2013). Subcallosal cingulate deep brain stimulation for treatment-refractory anorexia nervosa: A phase 1 pilot trial. The Lancet, 381(9875), 1361–1370. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(12)62188-6

Hall et al., 2018

La review di Hall et al. esplora, inizialmente, lo stato dell'arte della stimolazione cerebrale non invasiva con particolare attenzione agli aspetti tecnici e descrittivi della stimolazione elettrica transcranica e della stimolazione magnetica transcranica, come da seguente schema.

Major Category Mechanism of action Subcategory Theorized Effect Technique Relative Focality
rTMS Electromagnetic pulses Conventional rTMS Excitatory if > 1 Hz; inhibitory if <= 1Hz Regularly repeating single TMS pulses High
cTBS Inhibitory Short burst of 50 Hz rTMS repeated at 5 Hz as continuous train High
iTBS Excitatory Short burst of 50 Hz rTMS repeated at 5 Hz as intermittent train High
Major Category Mechanism of action Subcategory Theorized Effect Technique Relative Focality
tES Electric current Conventional tDCS Cathodal-Inhibitory; Anodal-Excitatory Constant/direct current delivered via two large electrode pads >25cm2 Low
HD-tDCS Cathodal-Inhibitory; Anodal-Excitatory Array of smaller electrodes in 4*1 concentric rings Moderate
tRNS High frequency (100-640 Hz)-Excitatory Application of alternating currents of random frequency Low
tACS Synchronization/desychronization of activity between targeted brain regions Application of alternating current of a specific frequency Low

Nelle sezioni successive gli autori analizzano l'utilizzo di studi single-session sul craving da cibo e sul consumo, l'utilizzo di studi multi-sessioni per la terapia di obesità e DCA, ponendo quindi un confronto sulla tollerabilità della tDCS vs la tollerabilità della rTMS.

Pur non essendo disponibili i dati comparativi in una visione di insieme, essendo riportati narrativamente nelle varie sezioni, le evidenze cui attingono gli autori sono molteplici e l'analisi condotta multisfaccettata.

Appare interessante riportare in breve le controversie ed i possibili futuri sviluppi individuati dagli autori e riassunti alla sezione 6 della review.

  1. rispetto all'efficacia, le tecniche di TMS appaiono globalmente avere precedenti migliori delle tecniche di tDCS. Queste ultime sembrano mostrare infatti effetti nulli sugli outcome cognitivi di soggetti sani, una forte variabilità nell'effectiveness ed un deficit di risultati conclusivi sull'efficacy nel potenziamento cognitivo o per scopi terapeutici;
  2. mancanza di una valutazione comprensiva di entrambe le tecniche di neuromodulazione cerebrale non invasiva in formati terapeutici single- e multi-session, nell'ottica della quale la sfida metodologica pare risiedere nell'assessment del comportamento alimentare come outcome;
  3. rimane aperto il dibattito su quali possano essere le adeguate condizioni di controllo per gli studi ed i trial clinici, alla luce del fatto che le procedure sham possono essere riconosciute dai soggetti, quando esse comportano una non-stimolazione, o possano comunque avere un effetto stimolante nei casi di stimolazioni in altre aree o di utilizzo di coil sham;
  1. rispetto ai trial clinici, mancano studi su larga scala che valutino l'utilizzo di rTMS per obesità patologica, BN e BED;
  2. l'applicazione di NIBS eccitatoria con target in dlPFC nell'AN ha ancora un razionale incerto e sono stati riscontrati possibili effetti iatrogeni di perdita di peso;
  3. la predominanza di studi si concentra su target sulla dlPFC. Esistono altre aree teoricamente significative come il lobo parietale (come componente del network esecutivo), la dmPFC ed altre aree corticali e sub-corticali;
  4. è presente una forte variabilità negli studi condotti rispetto a quali aree della dlPFC utilizzare come target, cosa che potrebbe spiegare le inconsistenze rilevabili tra studi che teoricamente dovrebbero avere il medesimo target;
  5. i protocolli non hanno uno standard ideale di somministrazione per entrambe le tecniche;
  6. rimane da validare con certezza l'assunto AeCi sulla modulazione dell'attività corticale delle tecniche di stimolazione non invasiva.

Riferimenti:
Hall, P. A., Vincent, C. M., & Burhan, A. M. (2018). Non-invasive brain stimulation for food cravings, consumption, and disorders of eating: A review of methods, findings and controversies. Appetite, 124, 78–88. https://doi.org/10.1016/j.appet.2017.03.006

Review di interesse comparativo

Lee et al., 2018

Rispetto allo schema rilevato dagli autori (riportato al capitolo "Correlati neuroanatomici dei DCA"), questi individuano alcuni target per la neuromodulazione.

I target principali per l'anoressia nervosa sono l'insula, lo striato ventrale ed il nucleus accumbens, target storicamente molto esplorati nell'ottica della stimolazione diretta mediante DBS; gli autori analizzano quindi diversi trial clinici di DBS effettuati negli anni.

A tali aree gli autori accostano altri target. Sottolineando il decision-making disfunzionale dei soggetti con AN gli autori individuano la corteccia frontale superiore, il caudato, il talamo ed il putamen, sottolineando l'implicazione del cingolato anteriore sulla base di studi che mostrano una riduzione volumetrica di quest'area in soggetti con AN, che regredisce con la regressione della malattia.

Rispetto gli studi di neurostimolazione non invasiva, gli autori analizzano 12 studi (42% AN, 58% BN), di cui l'83% mediante rTMS e il 17% mediante tDCS.

I campioni avevano una media di 19,42 soggetti (mediana: 12; deviazione standard: 18,74). Non abbiamo indicazioni precise sul genere dei partecipanti.

La maggior parte degli studi (83%) aveva come target la corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra, i parametri di stimolazione più utilizzati sono 10Hz - 1000 pulsazioni (50% degli studi), il 67% degli studi prevedeva una stimolazione a sessione multipla, mentre il 33% prevedeva una stimolazione single-session.

I risultati ottenuti risultano assai variabili. Alcuni studi non giungevano a risultati apprezzabili, altri risultavano in miglioramenti o riduzioni sintomatiche, un solo studio indicava la remissione totale della sintomatologia BN ma con depressione residua.

Assai variabili risultavano anche le durate dei follow-up eseguiti (min: nessuno, max: 12 mesi).

Gli autori concludono che la stimolazione non invasiva risulta promettente, sebbene non si abbiano ancora abbastanza dati per fornire certezze.

Riferimenti:
Lee, D. J., Elias, G. J. B., & Lozano, A. M. (2018). Neuromodulation for the treatment of eating disorders and obesity. Therapeutic Advances in Psychopharmacology, 8(2), 73–92. https://doi.org/10.1177/2045125317743435

Jáuregui-Lobera et al., 2018

La review di Jáuregui-Lobera et al. include articoli sulla neurostimolazione tramite DBS, tDCS e TMS di soggetti con AN, BN, BED, obesità e sovrappeso, ed include sia trial clinici che trial clinici umani controllati.

Le ricerche selezionate sono 20, di cui il 55% in rTMS, il 30% in tDCS ed il restante 15% in DBS.

I campioni avevano una media di 28,1 soggetti (mediana: 23,5; deviazione standard: 20,25). Non abbiamo indicazioni precise sul genere dei partecipanti, ma la maggior parte sembra essere composta da individui di sesso femminile.

Il 35% degli studi riportava comorbidità nel campione analizzato, un altro 35% riferiva nessuna comorbidità, mentre il restante 30% non riportava alcun dato di comorbidità.

La seguente tabella riporta in quale percentuale i diversi DCA sono rappresentati negli studi analizzati. Il totale è maggiore del 100% a causa di alcuni studi il cui campione risultava composito.

DCA % degli studi
BN 35,00%
AN 25,00%
DCA-NAS 25,00%
Obesità 20,00%
Food craving 15,00%
BED 5,00%

I target della stimolazione erano la corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra nel 50% dei trial, la dlPFC bilaterale nel 20% dei trial, la corteccia cingolata subcallosale nel 10% dei trial. Il restante 20% è composto da 4 trial che hanno avuto come target la dlPFC (lateralizzazione non specificata), la PFC dorso-mediale (idem), l'area ipotalamica laterale e la dlPFC sinistra in congiunzione con l'opercolo frontale controlaterale.

Rispetto al successo degli interventi ed ai follow-up sembra permanere la variabilità riscontrata nella review di Lee et al., sebbene gli autori concludano che le tecniche di neuromodulazione non invasiva risultino promettenti pur richiedendo ulteriori ricerche prima di essere applicate come protocolli di trattamento per i DCA.

Riferimenti:
Jáuregui-Lobera, I., & Martínez-Quiñones, J. V. (2018). Neuromodulation in eating disorders and obesity: A promising way of treatment? Neuropsychiatric Disease and Treatment, Volume 14, 2817–2835. https://doi.org/10.2147/NDT.S180231

Dalton et al., 2018

La review di Dalton et al. include articoli sulla neurostimolazione tramite cTBS, rTMS, tDCS e DBS di soggetti con AN, BN, BED e craving da cibo.

Delle tre review comparate, questa è l'unica che raccoglie i risultati di ricerche in ambito sia clinico che sub-clinico. Di queste ultime una soltanto è stata integrata nella nostra comparazione, comprendendo essa soggetti BED conclamati oltre che soggetti con sintomi BED sotto-soglia.

Le ricerche selezionate sono 34, di cui il 47,06% in rTMS, il 26,47% in DBS, il 23,53% in tDCS ed il restante 2,94% in cTBS.

I campioni avevano una media di 15,9 soggetti (mediana: 9,5; deviazione standard: 15,5). Non abbiamo indicazioni precise sul genere dei partecipanti.

Il 20,59% degli studi riportava comorbidità nel campione analizzato, un altro 55,88% non riferiva comorbidità, mentre il restante 23,53% riportava un campione di soggetti sani.

I target e la loro frequenza sono riportati nella seguente tabella.

Target Frequency
L dlPFC 47,06%
L/R dlPFC 11,76%
R dlPFC 8,82%
Subcallosal cingulate 8,82%
Nucleus accumbens 8,82%
BNST 2,94%
L/R VC/VS 2,94%
L/R SCC 2,94%
dmPFC 2,94%
L/R dmPFC 2,94%

La seguente tabella riporta in quale percentuale i diversi DCA sono rappresentati negli studi analizzati.

DCA % degli studi
AN 44,12%
BN 26,47%
Food craving 23,53%
BED 5,88%

Rispetto al successo degli interventi ed ai follow-up sembra permanere la variabilità riscontrata nelle precedenti review. Gli autori sottolineano che negli anni a venire sarebbero iniziati una serie di trial clinici su larga scala.

Riferimenti:
Dalton, B., Bartholdy, S., Campbell, I. C., & Schmidt, U. (2018). Neurostimulation in Clinical and Sub-clinical Eating Disorders: A Systematic Update of the Literature. Current Neuropharmacology, 16(8), 1174–1192. https://doi.org/10.2174/1570159X16666180108111532

Analisi esplorativa dei dati

Analisi esplorativa dei dati riportati nelle review di interesse comparativo

Ci sembra importante effettuare una comparazione generale delle review in oggetto, per poter giungere a delle conclusioni per quanto possibile "data-driven".

Il corpus finale è stato ottenuto dall'unione dei tre corpus delle review in oggetto, che hanno contribuito secondo il seguente grafico.

Nel complesso abbiamo quindi 84 paper, di cui 33 duplicati. Una volta consolidati i dati forniti dai tre autori e disambiguate alcune incongruenze, abbiamo provveduto all'eliminazione dei duplicati stessi, rimanendo con un corpus formato da 51 ricerche distinte.

Di queste 51 ricerche forniremo adesso alcuni dati complessivi in formato tabulare.

Genere dei partecipanti % of papers
Non specificato (adulti) 56,9%
Femminile 39,2%
Maschile 2,0%
Non specificato (adolescenti) 2,0%
Indicazione dello studio % of papers
Anoressia Nervosa 33,3%
Obesità 24,4%
Bulimia Nervosa 17,8%
Food craving 17,8%
Binge Eating Disorder 4,4%
Disturbo della Condotta Alimentare 2,2%
Presenza di comorbidità % of papers
Presenti 43,1%
Non presenti (o non indicate) 56,9%
Tipo di stimolazione utilizzata % of papers
Non-Invasive Brain Stimulation 74,5%
Invasive Brain Stimulation 25,5%
Tecnica di stimolazione utilizzata % of papers
rTMS 45,1%
tDCS 27,4%
DBS 25,5%
cTBS 2,0%
Target della stimolazione % of papers
dlPFC 68,6%
Nucleus accumbens 9,8%
Subcallosal cingulate 7,8%
dmPFC 5,9%
Hypotalamus 3,9%
Ventral Capsule / Ventral Striatum 2,0%
Bed Nucleus of the Stria Terminalis 2,0%

Analisi esplorativa

Una volta creato il corpus ed eliminati i duplicati, abbiamo provveduto a suddividere i dati ottenuti per categoria diagnostica. Abbiamo quindi escluso dal corpus i lavori che non riguardavano le categorie di interesse per questo lavoro (AN, BN, BED). Il subset così ottenuto constava di 31 articoli.

Tali articoli risultavano eterogenei rispetto alla tecnica di stimolazione utilizzata per i disturbi analizzati. Si è quindi provveduto a incrociare tali dati nella seguente matrice.

indicazione \ tecnica DBS rTMS tDCS TOTALE
AN 9 6 1 16
BN 0 11 1 12
BED 0 2 1 3
TOTALE 9 19 3 31

I dati che ci sembra doveroso evidenziare sono i seguenti:

  • la maggior parte dei lavori ha come indicazione l'anoressia nervosa, seguita dalla bulimia. Il disturbo da binge eating risulta poco rappresentato nel corpus in analisi;
  • la tecnica più utilizzata è la rTMS, seguita dalla DBS e dalla tDCS,
  • la DBS, per quanto risulta dal corpus analizzato, è stata utilizzata esclusivamente per l'anoressia nervosa

Abbiamo quindi esaminato le conclusioni riportate dagli autori delle review sugli studi che fanno parte del nostro subset, con l'obiettivo di comprendere se ci fossero stati dei miglioramenti rispetto la patologia principale dopo l'intervento.

Abbiamo deciso di suddividere i miglioramenti in cinque categorie(Improvement data not available, Not improved, Partial improvements, Improved, Full remission), che abbiamo assegnato manualmente ad ogni lavoro (come da seguete matrice).

miglioramenti \ tecnica DBS rTMS tDCS
Improvement data not available 1 4 0
Not improved 1 3 0
Partial improvements 1 6 1
Improved 5 4 2
Full remission 1 2 0

Dato che i valori assoluti potrebbero risultare fuorvianti, a causa dell'eterogeneità del campione rispetto alla numerosità dei lavori per tecnica, abbiamo deciso di illustrare la suddetta matrice anche in forma percentuale.

miglioramenti \ tecnica DBS (%) rTMS (%) tDCS (%)
Improvement data not available 11.11% 21.05% 0.00%
Not improved 11.11% 15.79% 0.00%
Partial improvements 11.11% 31.58% 33.33%
Improved 55.56% 21.05% 66.67%
Full remission 11.11% 10.53% 0.00%

Tale conversione ci permette di effettuare le seguenti osservazioni:

  • la tDCS mostra la percentuale più elevata di lavori esitati in un miglioramento, ma il valore assoluto dei lavori analizzati è molto basso (3), quindi è sicuramente necessario un corpus più consistente prima di giungere a conclusioni certe;
  • la DBS mostra un alta percentuale di miglioramenti sui sintomi del DCA, sebbene bisogna aggiungere che molti lavori riferiscono effetti collaterali da lievi a gravi;
  • la rTMS presenta il campione più numeroso, ma anche il più variabile. Alcuni lavori non riportavano dati sui miglioramenti del campione, per lo più essendo protocolli sperimentali e clinici, ma la maggioranza dei lavori riferiva miglioramenti parziali e miglioramenti rispetto la sintomatologia del DCA;
  • infine sia DBS che rTMS sembrano dare la possibilità di una totale remissione della sintomatologia del DCA (nello specifico DBS per anoressia nervosa, rTMS per bulimia nervosa). Anche in questo caso però si segnala la scarsa numerosità degli studi che portano a tale risultato (rispettivamente 1 e 2).

Per una visualizzazione dell'intero processo di analisi abbiamo sviluppato il seguente diagramma di flusso di Sankey.

Alt text

Limitazioni

Nell'analisi dei metodi e dei risultati dei singoli studi, sono emerse cinque principali limitazioni ai fini di un confronto maggiormente approfondito di tali dimensioni:

  1. era presente una forte variabilità dei protocolli di assessment pre- e post-intervento;
  2. le tecniche di somministrazione presentavano una forte eterogeneità dei target di somministrazione, che gli autori illustravano per aree cerebrali senza però fornirne una localizzazione ben precisa;
  3. non tutti gli autori riportavano nel dettaglio i protocolli di stimolazione dei paper sottoposti a review, rendendo impossibile un confronto più approfondito;
  4. le tecniche di somministrazione presentavano una forte eterogeneità dei protocolli di stimolazione, che risultavano più omogenei in linea di massima per la rTMS (limitatamente ai dati disponibili);
  5. rispetto ai risultati dei singoli studi, era presente una fortissima eterogeneità dei periodi di follow-up (da 0 a >1 anni).

Tali limitazioni nel corpus analizzato rispecchiano quanto riferito di diversi autori citati in questo lavoro, e risultano di forte impedimento nella comparazione dei risultati, soprattutto per le tecniche di neurostimolazione non invasiva, che sappiamo avere la necessità di somministrazioni multiple nel tempo, per contrastarne la decrescita degli effetti.

Conclusioni

Questo lavoro di approfondimento e di analisi degli sviluppi più recenti sullo studio e sulla clinica dei DCA da un vertice neuropsicologico, con particolare attenzione all'anoressia nervosa, alla bulimia nervosa ed al binge-eating disorder, evidenzia una serie di controversie che sembrano rispecchiare una forte eterogeneità metodologica di fondo, notata in primis da una molteplicità di autori degli articoli e degli studi citati.

Sin dai dati epidemiologici si evidenzia tale eterogeneità, che appare fortemente correlata ai molteplici sistemi di classificazione diffusi in campo medico-psichiatrico, sia per la clinica che per la ricerca.

Recentemente si è proposto di affrontare tale eterogeneità mediante modelli computazionalmente più complessi ma al contempo potenzialmente più ricchi di sfumature, come l'RDoC, ma la diffusione di tali modelli sembra rallentata dalla complessità di tali progetti. Superate tali complessità, è probabile che l'approccio computazionale, adesso che la potenza di calcolo degli elaboratori e la precisione degli strumenti a nostra disposizione stanno subendo un incremento molto forte, offrirà ulteriori sviluppi in questo campo.

Dal vertice del profiling neurocognitivo, il consenso attuale sembra essere che i soggetti con AN, BN e BED risultino deficitari a task come lo Stroop, il Go/No-Go, l'Iowa Gambling Task, il Wisconsin Card Sorting Test et similia (specialmente, quando applicabile, nelle versioni modificate "cibi" e "parti del corpo"); tali deficit rispecchiano deficit nei domini dell'attenzione e delle funzioni esecutive, ma potrebbero essere presenti anche deficit di memoria, di apprendimento e di linguaggio. Insomma, pare che non ci sia un consenso univoco rispetto ad un profilo neuropsicologico specifico (né per il DCA in genere né per i disturbi in oggetto).

Sempre rispetto ai compiti utilizzati nella valutazione, alle tecniche fisiologiche-cronometriche classiche (Stroop e Dot-Probe) alcuni autori hanno iniziato di recente ad affiancare l'eye-tracking, al fine di ottenere pattern di misurazione specifici per i disturbi in oggetto. Tale commistione di tecniche sembra offrire risultati preliminari promettenti e rimandiamo chi fosse interessato ad approfondire l'argomento alla recente review di Kerr-Gaffney et al.

Sul versante dei correlati neuroanatomici dei DCA, appare notevole come si ripercuotono a cascata le conseguenze dell'eterogeneità sottolineata. Nondimeno i ricercatori hanno individuato una serie di aree corticali e sottocorticali interessanti ai fini della neuromodulazione.

Sia le tecniche di neuromodulazione invasiva che quelle di neuromodulazione non invasiva sembrano offrire miglioramenti della sintomatologia specifica dei DCA, e negli anni recenti le ricerche sulla rTMS sembrano superare in volume le ricerche sulla DBS e sulla tDCS; diversi autori tuttavia segnalano un bias di esclusione delle ricerche con risultati negativi, quindi tale dato potrebbe essere soltanto apparente, come apparente potrebbe anche essere la percentuale di miglioramenti riportata in tali studi, sia per il suddetto bias sia anche per le limitazioni indicate nell'analisi del corpus di dati da noi esplorato.

Pur sottolineando quanto detto, è innegabile che, se invece il trend fosse quello evidenziato dalla nostra comparazione, le tecniche di neuromodulazione non invasiva potrebbero essere uno strumento assai utile nel trattamento dei DCA in oggetto, con particolare riferimento alla possibilità di un miglioramento o di una remissione sintomatica, in casi mild ma anche in casi di farmaco-resistenza.

Aggiungiamo in conclusione che alle tecniche analizzate, recentissimamente si sono affiancate tecniche come la TBS che sembrano offrire risultati preliminari promettenti sul breve termine e che potrebbero offrire il vantaggio di una somministrazione singola e più agile.

Riferimenti:
Kerr-Gaffney, J., Harrison, A., & Tchanturia, K. (2019). Eye-tracking research in eating disorders: A systematic review. International Journal of Eating Disorders, 52(1), 3–27. https://doi.org/10.1002/eat.22998